| CICLISMO: Nicolino  Di Biase | 
         
        
          | Un secolo fa, un pennese al Giro d'Italia  | 
         
       
             "Una storia d'altri tempi, di prima  del motore, quando si correva per rabbia o per amore, ma fra rabbia ed amore il  distacco già cresce e chi sarà il campione già  si capisce. Vai Girardengo, vai grande campione! Nessuno ti segue su quello stradone" - da Il bandito e il campione di Francesco De  Gregori  
         Nello scenario in premessa Penne c'entra. Eccome! 
          Ci riferiamo alle edizioni del Giro  d'Italia che si svolsero nei primi anni '20 del secolo scorso.  
          Tanto per iniziare, in quella  che partì da Milano il 23 maggio 1920,  ottava  edizione della classica "Corsa Rosa", dietro  la linea di partenza, fra i 49 ciclisti presenti, oltre al mitico Costante Girardengo, figura anche un venticinquenne  atleta abruzzese di Penne che risponde al nome di Nicolino Di Biase.  
        
          
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                                  Nicolino Di  Biase con i figli Primo ed Emidio   | 
           
         
                  In una Italia ancora profondamente segnata dai postumi della Prima Guerra Mondiale, gli  organizzatori decisero di concentrare il percorso nel centro-nord del Paese e  per la prima volta vi fu uno sconfinamento, con il passaggio in territorio  svizzero durante la tappa tra Milano e Torino.  
          Dopo il passaggio sulle strade  della Toscana e del Lazio, la carovana rosa pose le ruote sul territorio  abruzzese il giorno 29 maggio, nel corso della 4ª tappa Roma-Chieti. Entriamo così nel vivo del percorso di nostro  interesse: la Chieti-Macerata di 231  km, la 5ª tappa prevista in partenza per il giorno 31 maggio. Nella cronaca  dell’inviato sportivo del quotidiano Il  Messaggero di Roma leggiamo: “La  partenza da Chieti è stata un po’ tumultuosa poiché alla vigilia si dava per  sicuro il ritiro dei grigi Brunero, Torricelli e Ferrari (N.d.R.: squadra  Legnano), i quali non erano soddisfatti  dell’esito del reclamo presentato alla giuria contro i bianco-celesti (N.d.R.: squadra Bianchi). Poi le cose si sono accomodate rimandando  ogni altra decisione a domani, dopo l’arrivo della quinta tappa. Le operazioni  di controllo si sono svolte con difficoltà a Porta Sant’Anna, e solo alle 8,22  è stato dato il via ai corridori con un’ora e 22 minuti di ritardo sull’ora  stabilita. Gerbi non è stato lasciato partire. Il manipolo dei corridori dopo  essere passato per Penne alle 9,25 con in testa l’abruzzese Di Biase ha  proceduto compatto per Teramo dove è transitato in quest’ordine: Di Biase alle  12,40’; Belloni alle 12,40’3”; Brunero…….”.   Quella seguente è, invece, la cronaca  dell'inviato sportivo del quotidiano La  Stampa di Torino: "Come si  svolse la corsa - La quinta tappa non ha molta storia e nemmeno molto  brillante. I primi chilometri sono superati a passo turistico e il passaggio  attraverso l'Abruzzo procura al campione locale Di Biase una bella messe di  applausi. A Penne (23 chilometri e mezzo) egli passa in testa tra grandi  ovazioni. La storia vede ripetersi gli episodi di osservazione dei  bianco-celesti nei confronti del minuscolo Brunero. Il compito di battere il  passo sembra affidato a Gramo e ad Alavoine, che conducono di preferenza.  Belloni rimane passivo e Brunero lo segue come la sua ombra. Ma poco dopo Penne  il corridore di Ciriè è fermo per una bucatura. Alavoine e Gremo accellerano il  passo e si portano via il gruppetto...".  
          Il primo a tagliare il  traguardo di Macerata fu il francese Jean Alavoine con una media di Km. 25,900  circa all'ora; il nostro Di Biase si classificò al 9° posto.  
          Dopo un percorso di 2632  chilometri il Giro si concluse a Milano dove soltanto dieci corridori  arrivarono al traguardo, tra questi Di  Biase; Girardengo non arrivò  perchè ritiratosi durante la terza tappa.  
          Giovanni  Belloni si aggiudicò la corsa e fu salutato sul traguardo dell'ippodromo Trotter da un'invasione di tifosi che  impedì la volata finale. Di Biase si classificò 10° nell'ordine d'arrivo generale.  
        
          
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                            Nicolino Di Biase con la moglie Giovanna De Massis  | 
           
         
                  Il giorno 9 del mese di  novembre dello stesso anno Nicolino Di  Biase partecipò anche alla 16ª edizione del Giro della Lombardia: vinse il francese Henri  Pélissier e lui si classificò al 22° posto.  
          L'anno successivo, il 1921, la storia si ripete con  l'iscrizione di Nicolino Di Biase al  Giro d'Italia, nona edizione, che si svolse in dieci tappe dal 25 maggio al 12  giugno, per un percorso totale di 3107 km.  
          Su 69 corridori in partenza da Milano, ne  arrivarono al traguardo finale soltanto 27. La prima parte del Giro fu dominata  da Costante  Girardengo che vinse le prime quattro tappe (anche la Perugia-Chieti) ma durante la quinta di 264  km da Chieti a Napoli,  in seguito a uno scontro con un altro ciclista, cadde, si ferì e distrusse la  bicicletta, subendo anche l'attacco degli avversari intenzionati a distaccarlo  il più possibile. Tornato comunque in sella, patì le ferite riportate lungo le salite  dell'altopiano delle Cinque Miglia. Stremato, si fermò sul  culmine dell'altopiano, tracciò una croce nello sterrato della strada e, prima  di ritirarsi, disse: "Girardengo si  ferma qui". Sul  percorso di Castel di Sangro dominarono  i ciclisti abruzzesi: condusse il sulmonese Damiano  Solitario (vedi foto sotto) seguito a ruota da Nicolino Di Biase che tagliò al 17°  posto il traguardo di Napoli. 
        
          
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            Giro d’Italia 1921 – Il campione peligno Damiano Solitario attraversa Sulmona in prima posizione  | 
           
         
        Successivamente Gaetano Belloni assume la leadership, ma al termine della settima tappa fu scalzato da Giovanni Brunero che mantenne la testa  della classifica fino al termine della corsa. Il nostro Nicolino Di Biase giunse al 13° posto.  
        
          
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            La casa pescarese costruita da Di Biase nel 1930 (angolo via Roma-via Milano)  | 
           
         
                  Arriviamo così al Giro d'Italia del 1922,  decima edizione della "Corsa Rosa", che si svolse in dieci tappe dal  24 maggio all'11 giugno, per un percorso totale di 3095,5 km. Fu vinto  dall'italiano Giovanni Brunero. Su 75  partenti, arrivarono al traguardo finale soltanto 15 corridori tra i quali Nicolino Di Biase.  Nel 1922 La Gazzetta dello Sport depositò il marchio "Giro  d'Italia" alla Regia Prefettura di Milano. La corsa fu decisa dal ritiro  delle due principali squadre, la Maino e la Bianchi dei capitani Girardengo e Belloni, che lasciarono senza rivali Giovanni Brunero della Legnano.  Quest'ultimo nella prima tappa, da Milano a Padova, sostituì irregolarmente una  ruota arrivando al traguardo con 15 minuti di vantaggio. La giuria lo  squalificò, permettendogli però di partecipare sotto il giudizio del giudice alla seconda tappa, in attesa della decisione finale della Unione Velocipedista Italiana. Questa lo riammise, con una  penalizzazione di 25 minuti, causando così il ritiro per protesta delle due  squadre e lasciando lo stesso Brunero senza più avversari pericolosi. A Firenze,  al termine della settima tappa, Brunero scalzò Bartolomeo Aymo dalla testa  della classifica e mantenne il primato fino alla conclusione della corsa.  
        
          
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            Nicolino Di Biase con la moglie Giovanna De Massis e i figli Primo, Emidio ed Anna  | 
           
         
                  Dopo le due tappe abruzzesi consecutive  di Chieti del biennio precedente, nel  1922, per interesse di campanile dei referenti locali del novello corso  politico, Acerbo e D'Annunzio, fu la volta di Pescara non ancora capoluogo di provincia: la 4ª tappa Bologna-Pescara del giorno 30  maggio di 367,1 km, fu vinta da Alfredo  Sivocci. Nicolino Di Biase si  classificò 11°; la 5ª tappa Pescara-Napoli del giorno 1° giugno di 267,1 km, fu vinta da Bartolomeo Aymo. Nicolino Di  Biase si classificò 19°. 
          Dunque, Brunero vinse nuovamente  l'edizione del Giro 1922, mentre Di Biase arrivò 8° nella classifica generale. 
          E' bene sapere che Nicolino  Di Biase partecipava alle corse ciclistiche come indipendente: senza  squadra e senza sponsor. Si sosteneva con la vincita dei vari premi in denaro.  In una occasione, addirittura, fece di tutto per classificarsi ultimo pur  d'incassare un premio previsto per la Maglia  Nera.  
        
          
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            |    Anni ’20 - Le esposizioni del negozio in corso Vittorio Emanuele | 
           
          
             
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                                   Nicolino Di Biase in versione motociclista  | 
           
         
         
        
          
            
              CHI ERA: 
                NICOLINO DI BIASE nasce a Penne in via delle Api 4, il 14 settembre 1894, da Emidio  (muratore) e da Concetta D'Angelosante (bottegaia). Il padre Emidio, nato a  Penne il 13 settembre 1861, era figlio di Emidio e Maria Giuseppa Di Martire  rimasta vedova due mesi prima di partorire. Emidio senior era fratello di Serafina Di Biase moglie del patriota  Clemente De Caesaris. Emidio junior era fratello di Vincenzina che fu moglie di Gerardo Polacchi e madre del  poeta-scrittore Luigi. Infatti, la di Lui figlia, la Prof.ssa M. Antonietta  Polacchi, ce lo conferma: “Mi è presente  che mio Padre pronunciava “Zi ‘Middiucce”, sarebbe lo zio Emidio Di Biase  fratello della mamma Vincenzina, padre di Nicolino, forte sportivo, cugino del  Poeta. Infatti sotto la loro casa in Pescara via Roma (di fronte alla Scuola  Media “Pascoli”, allora era la Scuola Elementare che io ho frequentato da  bambina) c’era un negozio di biciclette. Questo Nicolino fu Padre di Primo Di  Biase (medico ginecologo) e Anna che andò a Bologna”. 
A due anni Nicolino rimane orfano della madre  insieme alle sorelle Elisa Giovannina e Giuseppina Camilla Giovanna. Il padre  si risposa con Francesca Bucchianica con la quale fa altri figli. 
Dopo gli exploit sportivi dei primi anni '20, una  volta ritiratosi dall'attività agonistica, Nicolino apre in corso Vittorio  Emanuele, nella allora Castellamare Adriatico, uno dei primi negozi di  riparazione e vendita di biciclette. Con la moglie Giovanna De Massis (ivi nata  il 18 ottobre 1900) realizza un villino su tre livelli nella zona centrale  della città, in cui amplia la sua attività commerciale nei locali al piano  terra. Chiama i figli con i nomi di Primo (ginecologo a Pescara), Emidio (primo  presidente del Moto Club Pescara nel 1949) ed Anna (medico a Bologna). 
              
                
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                  |          Nicolino Di Biase e consorte sull’uscio del negozio | 
                 
               
                              Muore a Bologna, dove si stava curando, il 16  marzo 1966.   
                Nel corso degli anni, dopo questa data, in  Abruzzo sono stati disputati diversi memorial ciclistici in suo ricordo, come ci conferma Giovanni Santamicone che per  oltre 60 anni ha rappresentato, in tutto l’entroterra pennese, l’Uomo del  ciclismo per antonomasia. Per la cronaca: Alcide, papà di Giovanni, era  imparentato con Nicolino, e questo conferma che le passioni comuni spesso si  trovano nel DNA!  Ci racconta Giovanni: “Papà Alcide  lo conosceva molto bene perché Nicolino era un cugino di secondo  grado e suo quasi coetaneo (Alcide Santamicone era nato il 19-5-1896). 
                Noi della Polisportiva Pennese abbiamo  organizzato 2 o 3 gare a suo nome e i nipoti hanno premiato di persona i  vincitori delle diverse categorie. I trofei intestati a Nicolino sono stati  vinti dalla Polisportiva Pennese che naturalmente li ha regalati ai nipoti del  famoso corridore”. (L.G.)  
              
                
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                  | Giovanni Santamicone della Polisportiva Pennese con la medaglia del Coni per Distinzione al Merito del Ciclismo | 
                 
               
              Le foto B/N sono state gentilmente concesse da  Giovanna Di Biase nipote di Nicolino 
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